SUSAN WELLER
LA POESIA DEI MURI
Due sguardi sull’Italia, due donne che venendo dalla California vedono il nostro Paese con occhi nuovi, due donne che hanno scelto due mezzi espressivi diversi, una la parola e l’altra il colore. Restando entrambe dentro un universo poetico, dentro un mondo espressivo lirico ed emozionante. E in questo omaggio alla cugina poetessa Roberta Spear (1949-2003), Susan Weller compone dipinti dove parola e colore si incontrano. L’Italia per Susan Weller si riflette e si identifica in quello che i suoi muri raccontano. I muri sono stati oggetto della sua attenzione da tempo, non so quando sia iniziato, ma credo che il suo interesse affondi le radici nelle frequentazioni europee, con viaggi e studi che in Susan risalgono ad un’epoca giovanile. Il muro rappresenta l’essenza stessa di quella stratificazione storica che differenzia profondamente la sua cultura di provenienza dalla nostra. Il muro che le interessa non è però quello che ha attirato l’attenzione degli artisti pop, o di nouveaux réalistes come Mimmo Rotella che vi andava cercando per i suoi décollage gli accumuli di manifesti sovrapposti nel tempo. Il muro che le parla è un muro antico, i cui intonaci trasudano storia, dove si intravedono ancora tracce di affreschi, di decorazioni, sono muri cotti dal sole, che fanno parte di una stratificazione architettonica e storica, che imprigionano e restituiscono calore. E se si guarda all’evoluzione dei suoi dipinti in questi ultimi anni, si vede che Susan sembra avere scaldato ancora di più la sua materia cromatica, rendendo anche maggiormente tattile la superficie dei suoi dipinti, quasi sensuale, con l’introduzione di carte che reagiscono diversamente dalla tela sia al colore che alla luce. La carta incollata sulla tela si increspa e non lascia che il colore si distenda in maniera regolare, formando sul suo cammino trasparenze e densità. Il suo mondo è sempre più lontano dall’astrazione e sempre più vicino ad una matericità concreta nella quale si nasconde, in maniera del tutto accidentale come lei stessa spiega affascinata da questa casualità, la bellezza che Susan cerca avidamente con gli occhi.
E ora arriva anche il suo interesse per le parole, che possono essere lettere graffiate, resti di fogli incollati, oppure parole che dalle poesie di Roberta Spear migrano idealmente nella pittura di Susan, trovandovi uno specchio in cui riflettersi. Susan e Roberta si incontrano proprio qui, in quella capacità di “trasformare le cose normali della vita quotidiana in racconti prodigiosi” come spiega Philip Levine nell’introduzione all’ultima raccolta di poesie di Roberta Spear intitolata “Nel mondo che verrà”. “Nel mondo che verrà- aveva scritto Roberta- io sarò quella/ che spalancherà sempre gli scuri verdi incurvati/per far entrare la luce del sole nella stanza[…]”. Di nuovo il sole, quello che cuoce gli intonaci che rapiscono Susan, ma anche quello “che si sta risvegliando nell’alta culla di pietra del Mottarone”.
Camilla Bertoni